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Ci manca la scuola!

A scuola ci siamo andati tutti, ma crescendo veniamo spesso colti da amnesia circa cosa significasse, davvero, andare a scuola.

In questi mesi abbiamo letto, ascoltato, discusso sulle modalità di gestire la scuola, su ciò che sarebbe stato meglio per gli studenti (dall’asilo alla maturità), su come non far perdere loro l’anno, sui voti, sulle ammissioni, ect.

Forse però, indaffarati in tutto questo, ci siamo dimenticati il significato più profondo della Scuola. 

Ce l’hanno ricordato i ragazzi; “ci manca la scuola!” ci hanno detto, facendoci allora capire che quello che stavano vivendo dal pc era la migliore versione attuale, ma assolutamente non paragonabile all’originale.

La scuola è conoscenze, è apprendimento, è didattica. Si, ma di che tipo?


CONOSCENZE

Nell’ambiente scolastico si conoscono le persone che con molta probabilità ci accompagneranno nella vita, che ci staranno vicino nei momenti importanti e che condivideranno gioie, scoperte, timori.

Si conoscono anche persone che ci ostacolano, che non ci fanno sentire accettati, che probabilmente ci giudicano; anche queste conoscenze, e il nostro modo di reagirvi, sarà nei nostri ricordi per il resto della vita.

Si conoscono modi di vivere differenti rispetto a quelli della propria famiglia, si conoscono abitudini nuove (a volte bizzarre!), si viene a conoscenza di strategie alternative per affrontare i piccoli problemi quotidiani.

A scuola si possono conoscere parti di noi che in famiglia non avevamo mai colto.

APPRENDIMENTO

A scuola si impara cosa significa vivere in una comunità. A scuola di impara a socializzare, a vivere insieme agli altri; si impara che le proprie esigenze possono essere in linea o in contrasto con quelle degli altri, e che la via del rispetto (per sé stessi e per gli altri) è la più utile – in teoria, ma la più difficile – nella pratica. Si apprendono una marea di sfumature relazionali e di regole non scritte.

Si apprende per imitazione, osservando gli altri, studiano le loro reazioni agli scherzi, ai complimenti, all’isolamento, alle cattiverie, alle difficoltà, ai fallimenti, ai successi.

Si apprende che “magari se il mio compagno sa fare una cosa, posso provarci anch’io e magari anch’io posso essere imitato in qualcosa”.

Si apprende che “il cuore mi può battere forte perché sono agitato, o forse perché ho incontrato qualcuno che mi piace”.

Si è catapultati nelle gioie e nei dolori della vita relazionale. E si impara a navigarci dentro.

DIDATTICA

A scuola si entra in contatto con tanti modi di intendere la didattica, che potrebbero anche essere intesi come i tanti modi possibili in cui essere adulti.

Ripensiamo per un attimo agli insegnanti avuti durante tutto il nostro ciclo scolastico. Potremo avere un ventaglio abbastanza variegato di caratteristiche, modi di essere, modi di lavorare, modi di relazionarsi, modi di affrontare l’impegno, modi di essere precisi o seri o creativi o noiosi. Noi, in quegli anni, abbiamo in qualche modo risposto a quei modi di essere e quelle nostre risposte o considerazioni (spesso poco consapevoli) ci hanno aiutati ad essere gli adulti di oggi.

Entrare in contatto con la didattica a scuola significa entrare in contatto con il mondo adulto; seguirlo, criticarlo, non comprenderlo, osteggiarlo, condividerlo, etc. E, mentre si entra in contatto con gli insegnanti, primo mondo adulto oltre la famiglia, ci si forma come persone.


È questa la scuola che manca.

Ritornare mentalmente ai nostri anni scolastici è una buona strategia per comprendere maggiormente il punto di vista dei bambini e dei ragazzi. Avranno ricevuto conoscenze, apprendimento e didattica in questi mesi; i docenti (e i genitori) si sono dati un gran da fare e hanno fatto il meglio possibile.

Ma agli studenti manca quel tipo di scuola, quel tipo di conoscenze, di apprendimento e di didattica che non vedono l’ora di tornare ad assaporare e vivere.

Ricordiamocelo quando parliamo con loro; lo dobbiamo fare per quella parte di ragazzini che è ancora in noi.

Tenere a casa i propri figli: che sfida!

Due temi mi sembra riguardino maggiormente i genitori in queste ore: la richiesta di tenere a casa i propri figli e la necessità di gestire tutto il carico emotivo che è coinvolto in questa situazione.

Sono due temi intersecati, perché se si riesce a convincerli a non uscire, la casa diventa il luogo di condivisione di tutte le emozioni che stiamo vivendo. E spesso queste emozioni sono difficili da controllare, riguardano la nostra preoccupazione e ci mostrano la nostra vulnerabilità, come persone e come genitori.

Come fare allora? Un passo alla volta.

Tenere a casa i propri figli

Mi viene quasi da sorridere, pensando a tutti gli incontri svolti e al faticoso tentativo, fino a due settimane fa, che ci vedeva all’opera per cercare di far socializzare di più i ragazzi, per cercare di farli incontrare dal vivo, per spingerli a uscire di casa e a stare in gruppo.

Il gruppo e il cortile, che in tanti incontri si sono ricordati con nostalgia, ora rappresentano un pericolo. Ce lo stanno dicendo in continuazione.

Alcuni ragazzi l’hanno compreso; per altri è più difficile, perché la vedono come una limitazione troppo forte (ricordate quanto fossimo legati agli amici e al contatto alla loro età?) e senza senso. Faticano a capire che incontrarsi tra amici, magari addirittura senza avere alcun sintomo, può essere molto pericoloso. Per loro, per voi, per i nonni e per le famiglie degli amici.

Faticano a comprenderlo anche perché è un pensiero estremamente duro e spaventoso; la loro mente e loro cervello posso decidere di proteggerli, facendo percepire il pericolo lontano, proprio perché essere la fonte di un pericolo potrebbe essere troppo difficile da accettare.

E’ importante ricordate che, anche se i conflitti posso essere all’ordine del giorno, voi siete il loro pilastro.

La tecnologia, tanto discussa e osteggiata, rappresenta uno strumento fondamentale. È arrivata una situazione concreta che mostra il suo valore positivo, dopo averlo sentito dire tante volte da tanti esperti. Possiamo studiare, svagarci, sentire gli amici, collegarci con il mondo; il tutto, grazie a lei, grazie a uno smartphone o a un pc.

Mi immagino lo sguardo dei vostri figli, a cui state spiegando che non possono uscire con i loro amici, che è molto meglio che li sentano in whatsapp (quando magari sono anni che lottate con loro perché utilizzino meno questa modalità!). Potrebbero essere disorientati, dirvi che “dovete decidervi!”, dirvi che “non va mai bene niente di quello che facciamo!”.

Probabilmente non si sentiranno capiti, ma voi sapete (nonostante magari vi preoccupiate e sia difficile tenere questa linea) che state facendo la scelta giusta e più responsabile.

Quali insegnamenti possiamo scorgere in questa situazione?

Siamo persone FLESSIBILI: come esseri umani riusciamo ad adattarci ed è importante che i ragazzi siano consapevoli di questa caratteristica e la coltivino; stiamo in questi giorni creando nuove abitudini e questa è una straordinaria risorsa dell’essere umano, in particolar modo alla loro età.

Abbiamo delle ALTERNATIVE: possiamo cioè raggiungere gli stessi scopi (informarci, socializzare, divertirci) utilizzando modalità differenti. Questo punto è importante: i ragazzi spesso integrano le due modalità, sono nati integrandole, invece ora sono obbligati a sfruttarne solo una, quella “virtuale” o meglio “mediata da uno strumento tecnologico”. Quello che ipotizzo accadrà è che al termine di questo periodo il valore di incontrarsi dal vivo, il contatto fisico e la presenza avranno un significato differente per noi, ma il cambiamento sarà maggiore per i ragazzi.

Abbiamo e i ragazzi hanno l’opportunità, seppur difficile, di sperimentare LO STARE DA SOLI. Questo punto meriterà un approfondimento a sé.

Nella vita possono nascere NUOVE REGOLE e noi possiamo essere chiamati a NUOVI COMPORTAMENTI: questo è un elemento concreto e visibile di cambiamento.

I genitori in questi giorni sono chiamati a stabilire nuove regole. Ecco alcuni spunti:

  •  definitele precisamente ed evitate la vaghezza, per far sì  che non vengano fraintese;
  • non date le regole in preda alla rabbia o alla preoccupazione, ma aspettando un momento calmo;
  • cercare di ascoltarvi e date messaggi coerenti;
  • cercate di immedesimarvi in loro e comprendere le rinunce a cui sono chiamati, ricordando loro che tutti stanno rinunciano a qualcosa.

Ci siamo dimenticati degli adolescenti

Stiamo tutti vivendo una fase particolare della vita, che ci mette alla prova, che ci espone a scelte nuove, differenti da quelle a cui siamo abituati.

Da un giorno all’altro, le scuole sono state chiuse, ci è richiesto di non uscire e abbiamo molto più tempo, da vivere in famiglia e con i figli. Ci ritroviamo a condividere anche pensieri ed emozioni: una grande opportunità , ma arrivata  senza preavviso.

Ho riflettuto su come poter dare un contributo in questa situazione e ho pensato di usare questo canale. Si tratta di un modo per condividere riflessioni e spunti legati a questa situazione, dando anche qualche consiglio per gestirla.
E’ importante che ognuno di voi adatti quello che leggerà alla sua situazione personale.

Non ci sono regole e strategie quando si parla di relazioni, ma spunti utili .

Negli scorsi giorni sono state condivise molte spiegazioni su come affrontare l’argomento “Coronavirus” con i bambini. Genitori ed esperti si stanno attivando per trovare una modalità per spiegare ai bambini cosa sta accadendo, per insegnare cosa sono i virus e per tranquillizzare le loro paure.

In generale, però, ci siamo dimenticati degli adolescenti : non più bambini, ma nemmeno adulti; persone su cui le favole (forse) non fanno più presa, che sembrano sentirsi superiori, disinteressati e invincibili rispetto a tutto ciò che sta accadendo intorno a loro.
Sembrano e, per certi versi, sono: è l’essenza dell’adolescenza.

Facciamo un esercizio e ritorniamo con la mente alla loro età: cosa avremmo fatto noi, se avessero detto che saremmo rimasti in casa da scuola, con tantissimo tempo libero, con genitori impegnati (e preoccupati) per la situazione?

Probabilmente saremmo usciti, magari restando tutto il giorno su una panchina o giocare, tutti insieme, per passare il tempo e divertirci.
In questi giorni i ragazzi si sono divisi: chi è rimasto ancora più in casa di prima; chi è uscito ancora più di prima.
Ma non hanno voluto sfidare il virus, hanno fatto semplicemente i ragazzi.

Come aiutarli quindi in questa situazione?

  • SPIEGARE l’importanza di limitare i rapporti sociali, andando sulla concretezza della loro vita personale;
  • ASCOLTARE il loro punto di vista e le conoscenze che hanno; a volte sono più approfondite delle nostre, ma faticano a contestualizzarle;
  • CONFRONTARSI e ORIENTARSI insieme all’interno delle informazioni che arrivano dai vari canali, senza esagerare con l’aggiornamento costante;
  • NON MINIMIZZARE alcune loro strategie e modi di vedere la situazione; spesso ci possono insegnare punti di vista alternativi;
  • RESPONSABILIZZARLI spiegando che ognuno di loro può essere utile in casa e alla comunità, SENZA CARICARLI  di eccessiva emotività.

I ragazzi hanno molte risorse e possono essere grandi opportunità in queste situazioni: aiutiamoli a vederle e a concretizzarle!